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LA STORIA DELL’OROLOGERIA AL MUSEO REGIONALE DI PALAZZO MIRTO A PALERMO. UNA PIACEVOLE SCOPERTA GRAZIE ALLA DONAZIONE DELLA FAMIGLIA LONGO

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di Steven Tranquilli

Palermo – La collezione di orologi del Museo Regionale di Palazzo Mirto è sicuramente un fiore all’occhiello per la città ma soprattutto è motivo di vanto per la categoria degli orologiai e dell’intero comparto orafo gioielliero . A tesserne le lodi, con l’entusiasmo che lo contraddistingue,   è proprio Emilio Longo, presidente onorario di Assorafi, l’associazione di categoria che rappresenta il microcosmo degli operatori di settore in ambito Confcommercio Palermo e che trae le sue origini nel lontano 1945.

Il Museo, mi racconta in una afosa giornata estiva, può vantare una collezione di circa venticinque esemplari, databili tra il XVII ed il XIX secolo, prevalentemente francesi. Di questi, 15 fanno parte della tipologia “pendule de Paris”. La presenza di sei pendole austriache ci conferma i contatti che i Mirto ebbero con la corte borbonica, mentre è legato agli scambi con la corta austriaca l’orologio musicale del viennese Anton Beyer che si conserva nello studio del piano nobile. Definirlo una sintesi di alta ingegneria meccanica è riduttivo.  Costruito intorno al 1840 in un secrétaire Biedermeier in mogano, il meccanismo mette in funzione un organo attivato da un rullo dove è «scritta» la melodia.

Il tono pacato della conversazione muta quando si tratta di descrivere i Quattro  esemplari prodotti in terra palermitana. Uno di questi, mi spiega, fu realizzato dal palermitano Cristoforo Mustica intorno alla metà del ’700. Esponente di una dinastia di orologiai palermitani, realizzò numerose pendole ispirate alla produzione franco-svizzera del tempo.

WhatsApp-Image-20160627 (3)Nel descrivere il pezzo forte,  una pendola palermitana del XVIII secolo, si esalta ancor di più la conversazione con il mio interlocutore. Mi spiega che trattasi di un  raro orologio “a lanterna”  realizzato a Palermo nel 1752 da Giuseppe Selvagio, che ricoprì nell’ ultimo quarto del settecento l’incarico di orologiaio del convento di S. Domenico.

Il suo entusiasmo è presto spiegato.

Lo scorso 28 maggio ne ha fatto dono al museo nel corso di una suggestiva cerimonia alla presenza delle autorità cittadine e dell’esperto Dott Antonino Aurelio Piazza ritenuto essere tra i maggiori esperti di orologi antichi in Sicilia nonché  profondo conoscitore delle caratteristiche tecniche dell’orologio in questione tanto da averne illustrato le caratteristiche nel corso di un interessante intervento nell’ambito della cerimonia che ha preceduto la donazione

Ereditato dal padre Carmelo – meglio conosciuto come Enzo – orologiaio di Via Ruggero Settimo 29, che lo ebbe in dono nei primi anni ’70 dal Cardinale Rufini in seguito alla fornitura ed al collocamento, all’ interno del monastero, di moderni orologi elettromeccanici proviene dal convento delle Cappuccinelle. Emilio mi racconta come il dott. Piazza abbia trovato ampia documentazione lasciata da Antonino Li Greci un orologiaio che nella seconda metà dell’800 curò la manutenzione dei meccanismi presenti nel Palazzo che per Il numero e la complessità necessitavo di interventi periodici.

Il Museo, lussuosa abitazione-museo che fu dei Filangeri, principi di Mirto rimane, dunque,custode di un pezzi di storia della famiglia Longo fra dipinti, arazzi, sculture, porcellane, strumenti musicali, ventagli, tabacchiere, armi, vetri, libri, incisioni.

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