Nei giorni scorsi è giunto in laboratorio per l’analisi un opale arlecchino del peso di 6,59 carati, con forma ovale e taglio cabochon.
La gemma si presenta traslucida , con un colore di fondo bianco-grigio. Gli intensi lampi di colore passano dal rosso al blu-indaco evidenziando tutti i toni dello spettro.
I dati gemmologici rivelano un indice di rifrazione pari a 1,45 e densità pari a 1,86, valore relativamente basso nel caso di opali naturali. E’ visibile una fluorescenza di debole intensità e di colore bianco-blu con aspetto lattescente, ma il campione risulta privo di fosforescenza.
Il campione presenta, sia sotto la lampada quanto alla luce solare, un gioco di colore con lampi molto circoscritti (foto 1 e 2), effetto che non è osservabile in tutte le parti della gemma.
I dati rilevati risultano quindi contrastanti per alcuni fattori, come la densità relativamente bassa rispetto alla norma per gli opali naturali (mediamente 2,05-2,10), nonché il contorno delineato dei lampi di colori, unitamente alla totale mancanza di fosforescenza abbastanza frequente negli opali naturali di colore bianco.
Viste queste caratteristiche, era necessario innanzitutto diagnosticare l’origine naturale, con eventuale trattamento per impregnazione con polimeri, oppure l’origine sintetica dell’opale in analisi.
Solitamente valori bassi della densità possono indicare sia un opale sintetico quanto un opale naturale trattato con polimeri.
Mentre i colori a contorno netto, simili alle tessere di un puzzle, sono tipici degli opali prodotti sinteticamente, caratteristica che si somma alla struttura detta a “pelle di lucertola” (“lizard-skin”), ovvero un fitto insieme di microsferule all’interno di ogni lampo di colore, effetto osservabile al microscopio. (foto 3) Si osserva normalmente anche, nella parte laterale, la così detta “struttura colonnare”.
Entrambe queste caratteristiche non erano però presenti nel nostro campione di opale. Nel nostro caso, i colori si presentavano lateralmente con un effetto striato orizzontale, piuttosto che colonnare. (foto 4)
Dopo un’accurata ricerca bibliografica e l’analisi di altri campioni naturali e sintetici, si è notato che anche opali provenienti dall’Etiopia nei giacimenti di Welo (o Wollo), possono presentare lampi di colore a contorno molto definito, generando una struttura denominata “honeycomb”. (foto 5) Questa caratteristica è stata notata anche in alcuni opali messicani.
In primo luogo abbiamo deciso di effettuare nuovamente dei test, come ad esempio rilevare la densità del campione dopo una sua immersione in acqua demineralizzata per circa mezz’ora.
Gli opali sono caratterizzati da una struttura altamente porosa costituita da sfere di silice amorfa e acqua, struttura che facilmente assorbe le sostanze con cui viene a contatto, acqua inclusa.
E’ utile quindi a volte effettuare la rilevazione della densità dopo che la gemma è stata “saturata” in acqua
Dopo questa immersione e l’assorbimento di acqua da parte della gemma, abbiamo riscontrato una variazione del peso in carati passato da 6,59 a 6,90ct, nonché una variazione della densità che ha raggiunto il valore di 2,05.
Dopo questo secondo test, l’opale è stato avvolto in carta assorbente e nei giorni successivi il campione ha iniziato a mostrare una costante diminuzione del suo peso fino ad arrivare ad un minimo di 6,50ct, addirittura inferiore al peso rilevato al momento del suo ingresso in laboratorio.
Questo dato ci ha confermato che la sensibilità all’umidità del nostro opale era estremamente elevata; questa deduzione ci ha portato ad indirizzare le nostre conclusioni verso una sua origine naturale. Nella norma infatti gli opali sintetici non sono così porosi e sensibili alle variazioni di umidità.
Ulteriori analisi spettrofotometriche all’infrarosso (FT-IR) hanno confermato che si trattava di un opale di origine naturale, privo inoltre di trattamento per impregnazione con polimeri, alterazione spesso presente e utilizzata per diminuire appunto l’elevata porosità degli opali.
Renata Marcon, Elisa Montessori