Pietra preziosa per antonomasia, migliore amico delle donne come ebbe modo di affermare Marilyn Monroe, da sempre affascina l’uomo che vista la rarità e la preziosità del diamante naturale, tenta attraverso la tecnologia di crearne una versione sintetica o artificiale conosciuto come diamante HPHT o CVD, sigle che ne denotano il metodo produttivo: High-Pressure High-Temperature (sintesi ad elevata pressione e temperatura) nella quale vengono utilizzate elevate pressioni ed elevate temperature che simulano l’ambiente genetico naturale della formazione del diamante e Chemical Vapor Deposition (sintesi a deposizione chimica da vapore) ove il diamante si accresce a bassa temperatura attraverso una miscela di gas di idrocarburi.
Risale al 1955 la prima sintesi del diamante, quando nei laboratori della General Electric alcuni scienziati riuscirono in quella che veniva considerata la sfida del secolo.
Utilizzato, per decenni soprattutto a livello industriale negli ultimi anni viene sempre più utilizzato in gioielleria creando non pochi dubbi tra gli operatori che sempre più spesso di domandano:
Quali sono le sue caratteristiche gemmologiche e quali sono i metodi di riconoscimento?
Quali sono le problematiche relative a questa ingannevole gemma sintetica?
Quali strumenti utilizzare per individuarla?
A questa e ad altre curiosità risponderà Loredana Prosperi, responsabile del laboratorio dell’Istituto Gemmologico Italiano nel corso della conferenza organizzata in collaborazione con Fiera di Vicenza, con il del Collegio italiano Gemmologi, di Federpietre, di Federorafi e di Federpreziosi che si terrà nell’ambito di Vicenzaoro winter, martedì 22 gennaio presso la sala Trissino con inizio alle ore 11.