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INNOVAZIONE: IN PISTA QUATTRO “OUTSIDER” FRANCESCO MOSER GUIDA IL GRUPPO

L’innovazione, tema guida dei ‘Talk’, i tradizionali appuntamenti che Federpreziosi organizza a Vicenzaoro, viene affrontato per questa edizione con una visione decisamente di squadra. Dopo tanti incontri focalizzati sui cambiamenti digitali, l’attenzione è tutta dedicata al fattore umano, ovvero alle caratteristiche, ai valori e al talento di chi l’innovazione ha saputo e sa guidarla.
Un team di protagonisti del settore orafo si confronta sul tema, con in testa ‘il’ campione che ha fatto la storia del ciclismo mondiale.

Vicenza, 10 settembre 2023 – Cosa significa innovare per il pluripremiato campione di ciclismo Francesco Moser, per il neo presidente di Federpreziosi Confcommercio Stefano Andreis, Marco Carniello – Global Exhibition Director Jewellery & Fashion Vicenzaoro-IEG SpA e Pierluigi Ascani Presidente Format Research Srl?

Steven Tranquilli, direttore di Federpreziosi, apre il confronto partendo dall’identificazione di alcune imprescindibili caratteristiche e lasciando ai protagonisti la riflessione su quali possono essere considerate prioritarie in base alla loro esperienza.

Francesco Moser

Anticonformismo, unito a un certo ottimismo, passione nell’analizzare i problemi per trovare soluzioni anche inaspettate, immaginazione, capacità di valutare e sintetizzare le opportunità, capacità di coinvolgere gli altri, attitudine al rischio consapevole. Quali sono tra questi i fattori che maggiormente incidono nel processo di innovazione?
“Aprire nuove strade è sempre sembrato essere il mio destino, fin dal principio”. È una frase che ben sintetizza la vocazione di Francesco Moser. Campione italiano di ciclismo negli anni ’70 e ’80 e ad oggi ciclista italiano con il maggior numero di vittorie, nonché terzo a livello mondiale, è conosciuto per le sue imprese sportive, così come per le grandi innovazioni tecniche che ha introdotto con successo nel settore e adottate poi negli anni come nuovo standard. Cresciuto in una famiglia di ciclisti, Francesco inizia a correre da professionista a diciotto anni. Quel giorno ha iniziato il suo straordinario percorso, tra sacrifici, difficoltà e trionfi. Dal Mondiale su Strada del ’76 al Record dell’ora dell’84, in cui sconfisse Eddy Merckx, il più forte ciclista del mondo. Ha dedicato la vita a scoprire nuove strade, al di là dei pregiudizi, oltre le convenzioni, scegliendo sempre la strada meno battuta, spingendo corpo e mente al limite, alla ricerca di tecnologie e tecniche di allenamento innovative per raggiungere la migliore performance possibile. Moser introduce innovazioni nell’alimentazione, nelle pratiche di allenamento, nell’abbigliamento, con una speciale tuta e un casco aerodinamico, nelle tecniche di costruzione delle biciclette, ideate in galleria del vento e dotate di ruote lenticolari. Un campione-innovatore – come qualcuno lo ha definito – che ha traghettato il ciclismo verso la modernità.

“Credo che tutti, nel proprio settore, possano e debbano adoperarsi per cercare soluzioni a questioni più o meno complesse, come naturale tendenza umana al miglioramento. Quando ho iniziato a correre utilizzavo biciclette che oggi sarebbero considerate ‘preistoriche’, sebbene al tempo fossero già molto avanzate. Sentivo che c’era molto lavoro da fare e così passo dopo passo, le nuove soluzioni arrivarono. Tutte la qualità citate sono indispensabili e, da sportivo, posso dire di averle ritenute importanti come approccio in ogni attività della mia vita. Poi, certo, la tecnologia evolve e oggi diventa sempre più difficile in certi sport marcare la differenza. Sofisticate possibilità di misurazione, calcolo, sperimentazione, controllo sono elementi entrati a far parte di molte discipline anche a livello di preparazione degli atleti. All’epoca le biciclette erano veri e propri gioielli, frutto di lavoro artigianale, così come lo erano le ‘biciclette d’oro’ che ricevevo come riconoscimento: veri e propri capolavori d’arte orafa. C’era senza dubbio passione, grande cura e attenzione per il dettaglio. Si dava grande peso a certi aspetti e, del resto, un peso diverso – in senso materiale.”

Marco Carniello

È Marco Carniello a proseguire, mettendo l’accento sull’importanza di mantenere un atteggiamento positivo: “Ho sempre visto nell’ottimismo un elemento comune di grandi imprenditori e innovatori. Difficile far “accadere” le cose se non credi un po’ che la fortuna alla fine sarà dalla tua parte, dalla parte della tua immaginazione, dalla parte della passione che ci metti.

Capacità di adattarsi alle mutevoli ‘condizioni del terreno’ e pensare strategicamente sono, per Stefano Andreis che qui parla anche come imprenditore, doti essenziali. “La capacità di innovare è direttamente proporzionale all’adesione alle circostanze, ai mutamenti dell’ambiente, alle scoperte della scienza e, per noi imprenditori, comporta non perdere di vista il mercato di riferimento, osservandolo e analizzandolo con attenzione per studiare ed attuare con determinazione strategie concrete, adeguandosi al suo evolversi.” Il pensiero di Seneca “il fato guida chi vuole lasciarsi guidare e trascina chi non vuole” interpreta perfettamente realtà con cui ci confrontiamo ogni giorno. Se non si vuole affrontare il cambiamento e ci si chiude in una propria zona di comfort, ci si può temporaneamente illudere di avere tutto e tutti sotto controllo, di godere di una certa sicurezza, di “poter pensare serenamente al futuro”, un futuro che spesso non è altro che continuare nella quotidiana routine, salvo poi attribuire presunte colpe e responsabilità a terzi. Si tratta, nei fatti, di una pura e semplice illusione di sicurezza, di sentirsi in una torre d’avorio che, in realtà, è una palafitta su acque agitate. Se non siamo noi, in senso lato, ad affrontare il cambiamento, arriverà comunque il momento in cui ne saremo travolti e saremo costretti a mettere in discussione certezze faticosamente costruite.”

L’importanza di un’attitudine al pensiero positivo, è fattore determinante anche per Pierluigi Ascani, come per Marco Carniello: “Sicuramente c’è l’ottimismo, altrettanto certamente c’è la passione nell’analizzare i problemi e a trovare soluzioni nuove. Anche gli altri fattori sono importanti, ma a me vengono in mente questi. La conoscenza, infatti, non è fatta dalla capacità di dare risposte, ma da quella di formulare domande nuove rispetto al passato. Ci vuole passione per questo e ci vuole capacità di analisi. È dalla nostra capacità di interrogarci in modo nuovo sul “mondo”, che può derivare una diversa conoscenza del mondo stesso, una nuova prospettiva, spesso una nuova speranza. Se guardiamo alle cose che ci circondano sempre con gli stessi occhi, le vedremo sempre nello stesso modo, ma se proviamo a cambiare i nostri occhi allora forse il mondo potrebbe rivelarsi a noi in maniera differente: non sarebbe il mondo ad essere cambiato, saremmo noi ad osservarlo in modo nuovo come mai fatto prima. Un giorno un innovatore capì che sfregando le pietre che aveva sempre avuto davanti, poteva riprodurre il fuoco, oppure ancora tempo dopo, che era possibile governare le colture spargendo i semi al tempo giusto nella terra ed aspettando la stagione dopo il raccolto. Che cosa c’entra l’ottimismo? È fondamentale, e anche l’ottimismo è una questione di “occhi” e ha a che fare con il modo con il quale si guarda al mondo: dove l’ottimista vede delle “possibilità”, altri vedono problemi o non vedono nulla. L’ottimista sa che il “fallimento” fa parte del gioco, fa parte del cammino dell’innovatore. L’innovatore sa che “sperimentare e non farcela” è già un successo, magari parziale e che innovare significa mettersi in cammino. L’innovazione è una strada da percorrere, a volte faticosa, ma che vale la pena percorrere. Ecco forse aggiungerei una parola per definire chi innova: il coraggio.”
Dalle qualità che accomunano gli ‘innovatori’ all’esperienza personale: Steven Tranquilli sposta la riflessione su come ognuno ha affrontato le inevitabili criticità di percorso e le emozioni a traguardo raggiunto. Per lo “Sceriffo” Francesco Moser , che oggi affianca alla sua passione per le pedalate l’attività di imprenditore nel mondo del vino: “Ogni percorso di innovazione è fatto di tentativi, sperimentazioni e fallimenti e di nuovo prove, aggiustamenti fino alla soluzione perfetta. Un cammino lungo e graduale in cui le difficoltà si affrontano a poco a poco, un passo per volta, senza escludere anche colpi di fortuna o di genio nel trovare, ad esempio, un fornitore in grado di realizzare quel dettaglio indispensabile che proprio mancava. Senza dubbio è determinante la forza della squadra per arrivare al risultato. Squadra con cui è stato sempre incredibile ed entusiasmante condividere i successi non solo sportivi”.

“È fondamentale che ogni percorso di cambiamento porti subito qualche risultato, anche piccolissimo, i cosiddetti “quick-wins”, sottolinea Marco Carniello. “Sono fondamentali per mantenere l’entusiasmo e la determinazione delle persone che non per forza devono avere l’immaginazione dell’innovatore ma che sono fondamentali per realizzare il cambiamento. Poi il successo non si realizza mai del tutto, si ha sempre la sensazione che si può andare oltre. L’importante è vivere positivamente il cammino, che già di per sé è di crescita e stimolante.”

Stefano Andreis

Considerazioni legate al processo, quindi, ma anche ai valori del sistema azienda “L’innovazione soprattutto nel settore orafo gioielliero è, ovviamente a mio giudizio, anche e soprattutto cultura” interviene Stefano Andreis: “una cultura interdisciplinare che si declina in intelligenza imprenditoriale nella quale si coniugano fattori tecnico-scientifici, economici, di mercato nonché emozionali. L’innovazione, d’altronde, altro non è che la cultura del miglioramento attraverso il cambiamento. E in questo contesto non poteva mancare l’oramai inflazionata ma sempre calzante affermazione di Charles Darwin: ‘non è il più forte della specie a sopravvivere, né il più intelligente… ma il più pronto a reagire il cambiamento’. Personalmente sono dell’avviso che cambiamento e innovazione siano processi direttamente collegati alla sopravvivenza e allo sviluppo della mia, delle nostre imprese. Il modello culturale con il quale ci confrontiamo concepisce il processo innovativo come una variabile dipendente prevalentemente dal processo tecnologico portando a uno sbilanciamento dell’attenzione verso un mero investimento in tecnologie, processi e sistemi rispetto alla progettazione e all’investimento in cultura, relazioni e competenze. La soluzione non è nella priorità dell’una rispetto all’altra, quanto dal giusto bilanciamento tra cultura organizzativa e tecnologia. Ecco questa è stata la mia esperienza, cercando di inventare il domani, ogni giorno, mai pago del risultato raggiunto. Infine, non posso non condividere l’emozione che trapela nell’essere parte di una squadra, composta dai propri collaboratori, che lavora coesa, rispettando i valori umani di ognuno dando il massimo di sé per raggiungere obiettivi condivisi. Emozione che è la gratificazione che ripaga di tutti gli sforzi compiuti per guardare avanti.”

Pierluigi Ascani

Conclude quindi Pierluigi Ascani, per il quale “Innovare significa ‘fare una cosa nuova’ – che prima non c’era – e che in qualche modo rende migliore ciò facciamo, la nostra vita, la vita degli altri. Non so se sono veramente un innovatore, e tanto meno se sono un “bravo innovatore”. Mi riconosco una carta caparbietà nel percorrere il cammino che mi sono dato – e “caparbietà” forse altra parola da associare al concetto di innovatore. Per mestiere sono un ricercatore, nella mia esperienza fare innovazione ha significato, come del resto significa, trovare “strade” per studiare e rappresentare fenomeni, e quando le strade non ci sono, provare a costruirne di nuove, con tutti i rischi che questo comporta. Nella mia esperienza credo di avere imparato (“credo”, non ne sono certo, un ricercatore non può avere “certezze”) almeno tre concetti riguardo il fare innovazione nel campo della ricerca: in primo luogo la necessità di domandarsi se il modo con il quale facciamo le cose da sempre non sia arrivato il momento di cambiarlo, del resto come si fa a crescere e a migliorarsi se fai sempre le stesse medesime cose, nello stesso medesimo modo? In secondo luogo, la necessità di concentrarsi su un numero ristretto di progetti di innovazione alla volta, se sei costretto a coprire un fronte troppo ampio in termini di attività da compiere, con troppi progetti aperti davanti e da gestire, qualcosa ti sfugge, e magari l’intuizione che avrebbe potuto aiutarti a chiudere con successo un progetto di ricerca non la cogli, la lasci trasportare via dalla marea, non te ne accorgi neanche. Fare poche cose, cercando di farle piuttosto bene. In ultimo l’innovazione nel campo della ricerca non si può fare da soli, da soli non si fa nulla. L’innovazione, il processo creativo di generazione delle idee richiede di lavorare insieme ad altri, con gli altri. E’ necessario condividere i propri dubbi, mettere in discussione le proprie certezze, e poi anche condividere i propri successi, ci sta anche questo. Con gli altri certo: perché se un successo non è condiviso allora non può essere un successo, se rimane da te solo, allora non è speranza e non è vera innovazione.”

Steven Tranquilli

Dai tanti spunti emersi, conclude Steven Tranquilli, al di là delle capacità personali, l’importanza di una squadra forte e coesa sembra il fattore determinante, su cui da sempre punta Federpreziosi Confcommercio nel dare vita e corpo alle tante attività che quotidianamente porta avanti con i propri associati. Una squadra tanto più forte se potrà trovare nel proprio ‘sceriffo’ determinazione, chiarezza e generosità.

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