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n. 135/2023 |APPUNTI DEL GIORNO|

VicenzaOro: impressioni e considerazioni – Ha chiuso ieri i battenti VicenzaOro. In attesa del comunicato “ufficiale” che sarà diffuso nel corso della giornata odierna, sono inevitabili delle considerazioni che, seppur soggettive, rappresentano il frutto di cinque giorni di incontri di formazione e informazione, relazioni, business, che ci portano a trarre già una conclusione. Sicuramente tutti coloro che hanno superato le code ai tornelli d’ingresso, percorso in lungo e in largo i padiglioni si sono trovati davanti un vero e proprio gioiello, una manifestazione declinata in tante forme, che ci ha trasmesso non solo l’orgoglio di appartenere ad un settore che non rimane con le mani in mano, ma anche ottimismo per il presente ed il futuro prossimo grazie all’unicità di un prodotto che può vantarsi a pieno titolo di essere made in Italy. Un valore aggiunto per il nostro mercato di riferimento, forse troppo sovente sottovalutato dai nostri operatori. Un parere, il nostro, che trova conforto nell’articolo di Nicoletta Picchio su Il Sole 24 Ore di stamane a supporto degli Stati Generali della Cultura organizzati dal quotidiano con rappresentanti delle istituzioni e del privato che discutono – oggi a Milano e domani a Torino – di nuovi modelli di fruizione, investimenti e sfide del mondo della cultura in Italia. Ma quale vantaggio per noi operatori di un settore che vende emozioni? Un settimo posto a livello mondiale, inseriti tra i vertici secondo la rivista Forbes: è la posizione del marchio made in Italy in base alla reputazione tra i consumatori. Ebbene sì, è l’ennesima conferma di come l’eccellenza italiana sia conosciuta e riconosciuta nel mondo, accanto ai marchi super globali. Un apprezzamento all’estero forse più forte rispetto alla consapevolezza che abbiamo, “a casa nostra”. Ma come si può declinare il brand Italia? Se lo chiede sempre la giornalista che ha centrato l’obiettivo. Cultura, bellezza, creatività, design, ma ancora sostenibilità e tecnologia: sono tratti identitari radicati nella società e nell’economia. Una capacità manifatturiera che sa allargare il raggio d’azione incorporando competenze culturali e creative nei processi produttivi, generando un motore di innovazione e riuscendo ad intercettare una domanda crescente nel mondo di beni di alta qualità. “Un motore di crescita che si intreccia con la “fabbrica” in quel campo largo che è il Made in Italy, aperto ad un nuovo Umanesimo industriale”. Riflettiamoci, anche alla luce di un successo per altro annunciato. L’edizione settembrina di VicenzaOro ha infuso in tutti noi una nuova carica per dare ancor più vitalità ad un settore che, come afferma il presidente di Federpreziosi Confcommercio, Stefano Andreis, deve essere sempre più trasversale ed abbattere le barriere di comunicazione presenti nella filiera.

Da Alrosa arriva un diamante eccezionale – Il gigante dei diamanti Alrosa PJSC ha dichiarato di aver estratto un diamante da 390,7 carati di qualità gioielliera, il più grande recuperato in Russia negli ultimi dieci anni. La compagnia, che è soggetta a sanzioni legate all’invasione russa dell’Ucraina, ha trovato il diamante nella miniera Mayat in Jacuzia. La pietra ha una forma non standard ed è delimitata da un alone giallo-marrone, ha dichiarato nei giorni scorsi la società in un comunicato. È il più grande diamante di qualità gemmologica estratto in Russia dal 2013.

Naturale o sintetico: non se ne parla mai abbastanza – Nella realtà dei fatti, non è possibile distinguere visivamente un diamante naturale da uno sintetico: anche il gemmologo necessita di analisi strumentali avanzate. A livello chimico e fisico hanno infatti le stesse caratteristiche ottiche. La politica dei prezzi del lab grown è sicuramente un fattore determinante del suo successo: dal 2018 i costi sono stati più contenuti perché De Beers, tramite le tecnologie sviluppate da Element Six, ne ha iniziato la produzione come accessorio moda, distribuito da Lightbox. Sul discorso “green” è necessario dire che i diamanti sintetici vengono prodotti utilizzando carbonio proveniente dal metano o dalla grafite ed è necessaria anche una notevole quantità di energia elettrica per raggiungere le temperature e le pressioni richieste: per questi motivi è bene assicurarsi che le aziende produttrici siano certificate e sostenibili. Relativamente alle certificazioni del prodotto stesso, in Italia ci si riferisce alla Normativa UNI 11828: 2021. I lab grown possono essere classificati in base alle 4C. In particolare, la normativa UNI definisce di aggiungere l’acronimo DS davanti al grado colore e al grado purezza. In commercio esistono, però, altre “gemme” che propongono un’imitazione, o simulant, prodotti di sintesi che non hanno né la composizione chimica né le caratteristiche fisico ottiche del diamante. Fra questi, ci sono la zirconia cubica, un ossido di zirconio prodotto in laboratorio con caratteristiche ottiche simili a quelle del diamante. È una delle sue principali imitazioni perché a un occhio poco esperto ha più o meno la stessa dispersione (fuoco) del diamante. La moisssanite sintetica è invece un carburo di silicio, con durezza molto elevata e dispersione molto evidente. Proprio per questo, la trasparenza del venditore è fondamentale per la tenuta del mercato: tutto va corredato da un certificato di analisi». Tratto dall’articolo pubblicato su VO Daily di domenica 10 settembre – di Lorenza Scaloisi Non solo naturale Lab Grown, zirconia cubica e moissanite – Ne parliamo con Monica Odoli, responsabile dei corsi di IGI a Milano.

n. 135/2023 |APPUNTI DEL GIORNO| Mercoledì 13 Settembre 2023 – S. Giovanni Crisostomo

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