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45/2024 |APPUNTI DEL GIORNO|

Sale ancora anche se lievemente, in apertura dei mercati occidentali, il prezzo dell’oro con consegna immediata. Il metallo prezioso Gold spot passa di mano a 2.178,015 dollari l’oncia pari a 63,99 euro al grammo.

Il ritorno di Re Mida – Lo scorso anno la domanda di oro con le relative quotazioni  hanno toccato i massimi storici grazie alle tensioni geopolitiche e alla debolezza dell’economia cinese, che hanno spinto gli investitori verso il bene rifugio: così comunicava il World Gold Council non più tardi di qualche settimana fa. Cosa è avvenuto nel frattempo?  Gli analisti iniziavano a parlare di quotazioni sempre più al rialzo, mentre una calma apparente ha contraddistinto per qualche settimana gli scambi del metallo con i relativi listini per poi sfociare in una vera e propria corsa al rialzo  superando i  64 euro al grammo avvicinandosi sempre più ai 2200 dollari l’oncia. “Basti pensare che ben 18 Borse globali hanno aggiornato i massimi storici in questi giorni o comunque nelle ultime due settimane. Non solo Wall Street e Nasdaq (venerdì per l’ennesima volta), non solo Parigi e Francoforte (nonostante la Germania in recessione), ma anche listini asiatici (Giappone, India e Taiwan), sudamericani (Perù, Cile ed Ecuador) e dell’Est Europa (Ungheria, Turchia, Romania, Polonia). Segno di grande fiducia nel futuro? Può darsi. Ma questo stride col fatto che siano sui massimi storici anche beni rifugio come l’oro”. Questo è quanto afferma, Moyra Longo nel suo articolo “Il rally di tutto e il timore del capolinea” su Il Sole 24 Ore di ieri. “Corrono anche i titoli di Stato – prosegue – che hanno visto i rendimenti scendere in questi mesi. Corrono persino gli indici dei diamanti e delle pietre preziose, così come quello dei prezzi dei gioielli e degli orologi negli Stati Uniti”. “E non si tratta di rally qualunque: stima Michele De Michelis, responsabile investimenti di Frame Asset Management, che rialzi di tale entità a Wall Street si siano visti solo 6 volte negli ultimi 80 anni, e sempre o a seguito di una recessione o durante la bolla degli anni 2000”.
L’ultimo strappo al rialzo – che ha già messo nel radar la soglia psicologica dei 2.200 dollari – è stato innescato dai dati migliori del previsto sull’occupazione Usa, che rafforzano la fiducia in un prossimo taglio dei tassi di interesse da parte della Federal Reserve. Eppure, se lo chiede Sissi Bellomo nel suo articolo pubblicato sabato 9 marzo su Il Sole 24 OreCina, Russia e tassi: il mistero dell’oro sui massimi storici”, c’è qualcosa che non torna: “quando i tassi salivano alle stelle le quotazioni dell’oro non sono affatto crollate, come vorrebbe la teoria ‘scolastica’. Sono anzi ormai tre anni che, anziché divergere, il valore del lingotto si muove in parallelo con i rendimenti reali in area dollaro (peraltro ancora molto alti): un evento che non si era mai verificato in precedenza nella storia moderna, se non per brevissimi periodi. Le congetture sulle politiche della Fed, beninteso, hanno ancora, sottolinea la Bellomo,  un ruolo importante nell’indirizzare i movimenti. Ma è ormai evidente che il mercato dell’oro è guidato anche da altre forze, meno decifrabili di quelle che ci eravamo abituati ad osservare: Una quota crescente di transazioni in oro si è infatti spostata fuori dai mercati regolamentati, per definizione trasparenti e monitorabili, e in qualche caso addirittura fuori da contesti legali. Un effetto anche delle sanzioni contro la Russia, un gigante sul mercato aurifero – addirittura il secondo produttore minerario al mondo, con circa 330 tonnellate l’anno – che oggi si ritrova in gran parte escluso dai canali tradizionali ma non ha smesso di scambiare oro.
Mosca non ha più accesso al mercato londinese, né a quello svizzero, tuttora importanti crocevia del commercio di metalli preziosi. I suoi lingotti, sotto embargo nei Paesi del G7, hanno perso il marchio LBMA Good Delivery. Ma l’oro russo ha trovato nuovi canali di scambio, che oggi sembrano passare soprattutto da Hong Kong, oltre che dagli Emirati arabi e dalla Turchia, che di recente sarebbero diventati più cauti. Uno studio di Sayari, società di risk intelligence Usa, ha evidenziato scambi sospetti che almeno fino allo scorso agosto coinvolgevano due banche russe, Lanta Bank e Vitabank, impegnate con alcune società compiacenti in uno schema per procurarsi banconote in dollari ed euro in cambio di oro.
Mosca usa probabilmente lingotti anche come mezzo di pagamento. Documenti, non si sa quanto attendibili, scoperti dal gruppo di hacker Prana Network evidenziano uno scambio di questo tipo con l’Iran per procurarsi droni per un valore di 1,75 miliardi di dollari”.

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45/2024 |APPUNTI DEL GIORNO| Lunedì 11 Marzo 2024 – S. Costantino

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